Abbiamo incontrato Yael Ben-David, UX Writer e Content design lead ha presentato il suo libro “The business of UX Writing” (A Book Apart, 2022).

Ecco un’estratto dell’intervista, tenuta durante un webinar organizzato da Officina Microtesti e CaipiroskaLab a gennaio 2023: Yael Ben-David ha raccontato a Valentina Di Michele la sua esperienza lavorativa, come comunicare al team il valore dello UX Writing e come ottenere il supporto che serve a renderlo centrale nel processo di design.
Dal giornalismo allo UX Writing
Dopo la laurea in giornalismo a New York, Yael Ben-David ha deciso di non diventare giornalista e si è trasferita in Israele.
“Ero in un nuovo paese e volevo cambiare professione, e ho scelto di passare dal giornalismo alla neurobiologia: ho fatto una scuola di specializzazione e ho continuato con un dottorato.
Neanche quel campo faceva per me, ma è bello quello che ne è venuto fuori. Ho ottenuto il mio primo lavoro nello UX Writing, non ne avevo mai sentito parlare prima. Bisogna scrivere di un prodotto di genetica per il quale era specializzato il centro di neurobiologia, e serviva una persona che sapesse scrivere in modo professionale.
I miei studi mi hanno aiutato: ho imparato lì la UX, e me ne sono innamorata. Poi è arrivato un lavoro in una Fintech ed è iniziato tutto“.
Adesso, è UX Writer e content design leader specializzata in prodotti complessi con una vocazione: rendere la tecnologia innovativa accessibile al grande pubblico attraverso copy chiari, utili e data-driven.

Perché chi crea contenuti deve sempre dimostrare il valore del suo lavoro?
Chi lavora nel content si trova spesso a dover giustificare il suo valore aziendale, so che è un tema forte anche in Italia. Ho scritto The business of UX Writing perché nessuno ne parlava e volevo colmare questa lacuna
(Yael Ben-David)
Nei primi anni 2000, con la diffusione dei software e è cresciuta la richiesta di professionalità che scrivessero contenuti per i software e per il digitale. “Le persone non erano riconosciute nel team e chiedevano un posto al tavolo del design.“
Oggi siamo in fase di maturità, almeno nel mondo del design internazionale. “Chi progetta contenuti siede al tavolo del design e non ha più bisogno di difendere il suo ruolo. Penso che possiamo smettere di stare sulla difensiva e iniziare a pensare a come aumentare la nostra efficacia, allargando la partecipazione ad altre aree di business, e unire la UX a quelle competenze per creare business più sani ed esperienze migliori“.
Il metodo KAPOW
The business of UX Writing propone un modello per valutare il ROI (ritorno sull’investimento) del lavoro di UX Writing. Si può usare ogni giorno per assicurarci che l’attività sia sempre in linea con il business e per misurarne l’impatto. C’è una relazione tra i risultati che ottiene l’utente e quelli che ottiene l’azienda attraverso i contenuti.
Ben-David ha chiamato questo modello KAPOW:
- K sta per “Know your goals” (Conosci I tuoi obiettivi)
Non puoi ottenere risultati se non sai quali risultati ti servono e come misurarli.
Nel libro ci sono molti consigli per farlo, e ti aiutano ad articolare soluzioni adatte ai tuoi bisogni. - A sta per “Articulate solutions” (Articola le soluzioni)
Conosci il problema, ora ti serve una soluzione. Ci sono molti modi: chi scrive ha tante frecce al suo arco. Inizia col mettere insieme tutte le soluzioni possibili. - P sta per “Prioritize solutions” (Dai priorità alle soluzioni)
Metti ordine al caos: tutte le soluzioni che hai creato devono essere ordinate e organizzate. Non puoi usarle tutte, alcune richiedono troppe risorse e altre non hanno senso in un contesto. Dare priorità significa creare un modello che definisca cosa viene prima e cosa viene dopo, in una sorta di test che ti permette di trovare la soluzione ottimale per te e il business. - O sta per “Own your metrics” (Prendi possesso delle tue metriche)
Chi scrive ha spesso un’allergia verso i numeri, e capita di dire: “Ok, adesso li giro a chi se ne occupa”. Non si tratta di diventare all’improvviso geni della matematica ma di allearci con chi fa data science o si occupa di numeri. Aprirci a una riflessione critica ci permette di controllare la qualità di ciò che scriviamo, per tornare alla K iniziale: conoscere i nostri obiettivi vuole dire anche prendere possesso delle nostre metriche. Per esempio, se decidi che la tua metrica è contare quante persone cliccano su un pulsante, potresti scoprire che quel pulsante non è fondamentale per il business, che il numero di click non dice nulla sulla bontà o sull’efficacia del copy, e che lo stavi misurando solo perché era semplice farlo.
Il K-A-P-O è la parte maggiore del lavoro ma è anche quella sommersa. Se la fai bene, il microcopy funzionerà. - W sta per “Write” (Scrivi). Sono i microcopy, la sezione dell’iceberg che emerge.

Il lavoro di design dei contenuti non è un gioco a somma zero: siamo partners di chi fa business in azienda e degli utenti e il risultato del nostro lavoro dovrebbe sempre essere una sinergia e un investimento, e non qualcosa che va a scapito dell’azienda o del pubblico. Se abbiamo obiettivi condivisi, vinciamo tutti.
Yael Ben-David
Il ROI dello UX Writing
Sono due i modi in cui lo UX Writing aumenta il ROI.
Riduce le frizioni. Lo vediamo con i testi di aiuto. Se c’è un bottone che gli utenti non cliccano per paura, basta ridurre la frizione aggiungendo un piccolo copy subito sotto e rassicurarli che, per esempio, non dovranno pagare subito.
In questo modo abbassiamo lo stress e facilitiamo l’azione.
Motiva all’azione. Pensiamo agli stati vuoti: sono schermato in cui non c’è nulla. Possiamo usarli per spiegare in modo chiaro come fare a riempirli e incentivare a usare il prodotto. Dobbiamo mostrare che è un’opportunità, che l’utente potrà fare cose nuove, ma per farlo dobbiamo inserire pulsanti, link, delle direzioni per andare avanti. La motivazione passa anche attraverso altri elementi non semplici da misurare, come il linguaggio inclusivo e accessibile.
Anche se non possiamo misurarli facilmente, aumentano comunque il ROI. Migliorare il copy è in genere più economico rispetto a soluzioni di design o di sviluppo.
Misurare l’efficacia
Dobbiamo poi misurare l’efficacia e gli obiettivi raggiunti per dimostrare il valore del nostro lavoro. Come ha spiegato Torrey Podmajersky in UX Writing, se non misuriamo ciò che facciamo, non possiamo migliorarlo.
Prima di misurare i risultati: scegli a giusta metrica e stabilisci benchmark.
- Dobbiamo scegliere le metriche giuste da misurare, assicurarci di utilizzare più metriche per approfondimenti olistici, in modo da poter fare un confronto in seguito e prepararci per dove tutto potrebbe andare storto. Per esempio, se ci stiamo chiedendo se una specifica email aumenta conversione nel prodotto, dovremmo misurare il comportamento dell’utente dopo che ha aperto l’e-mail, non misurare se apre l’e-mail.
- Stabilisci dei benchmark scegliendo una metrica quantitativa, come il tempo dedicato all’attività, la conversione, il numero di visitatori di ritorno o qualsiasi altra rappresentazione numerica di alcuni aspetti dell’esperienza.
- Fai attenzione ai bias e rimani neutrale.
Metodi e strumenti per misurare i risultati
Per misurare e comunicare l’impatto dello UX Writing, è importante incrociare metodi quantitativi, che ci dicono cosa stanno facendo gli utenti, con metodi qualitativi, che ci dicono perché lo stanno facendo.
Metriche quantitative
- Il test A/B è uno dei test quantitativi più comuni
- Single Ease Question (SEQ) ovvero un sondaggio di una domanda dato immediatamente dopo un’attività, con una scala di valutazione a sette punti per valutare la difficoltà per gli utenti.
- I click test e mappe di calore
- Card sorting soprattutto per testare i copy di navigazione e i menù
(Leggi anche: Come si fanno i test nell’UX Writing)
Metriche qualitative
- Interviste
- Sondaggi anche a risposte aperte
- Test di usabilità in cui i partecipanti espongono i loro pensieri mentre completano attività
- Cloze test e test dell’evidenziatore
- Feedback sui social network
(Leggi anche: Test per l’UX Writing: scopri se le tue parole funzionano, Test dei contenuti: parole efficaci per l’UX Writing).
“I test qualitativi”, scrive Ben-David, “contestualizzano i numeri grandi e impressionanti che emergono dalle misurazioni quantitative, completando la storia del prodotto e il successo del suo copy. Come metodi, entrambi funzionano meglio se combinati.
Una cosa è sicura, mettili in conto quando inizi il tuo lavoro: considerali nel budget e nelle tempistiche.”
The business of UX Writing è uscito per A Book Apart il 6 dicembre 2022.